giovedì 23 aprile 2015

Prendere il volo e vivere felici: come superare l'aerofobia

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Nella nostra società sempre più globalizzata e a portata di click l’utilizzo del mezzo aereo negli spostamenti per le vacanze o per il lavoro, sta diventando sempre più comune. 
I prezzi si sono fatti via via più accessibili grazie all’offerta di servizi delle compagnie low cost e così sempre più persone preferiscono abbattere le distanze e raggiungere la meta in poche ore. 
Alcune persone tuttavia non riescono a vincere la paura di volare e continuano a scegliere l’automobile e il treno per i propri spostamenti nonostante spesso debbano dedicare intere giornate al solo viaggio. 
In realtà non si tratta di fisime di viaggiatori all’antica ma di un disturbo strutturato di tipo fobico detto “aerofobia”. Si tratta di un timore irrazionale e difficile da arginare per una specifica situazione che comunemente non dovrebbe provocare timore, il volo appunto.

Le paure legate al volo sono essenzialmente di tre tipi: 

  • le paure rispetto al velivolo (al suo funzionamento, alla possibile presenza di guasti, al suo essere sospeso in aria ad alta quota) 
  • le paure legate ad agenti esterni al velivolo (paura di un dirottamento o da ultimo, dopo un recentissimo episodio di cronaca, paura del pilota suicida)
  • le paure che riguardano la persona (paura dell’insorgenza in volo di un attacco d’ansia o panico e di non saperlo gestire, paura di sentirsi male e necessitare di cure mediche in volo, paura di perdere il controllo davanti a persone sconosciute, paura di non saper gestire da soli le questioni pratiche legate al volo quali chek in, attesa, imbarco, ritiro bagagli etc. )

Quali sono i sintomi che l’aerofobico avverte

La paura e l’ansia sono le emozioni che costituiscono lo stimolo nell’animale e nell’uomo che avverte del pericolo e innesca reazioni corporee salvifiche “di attacco o fuga”. Anche se il pericolo non è reale ma solo paventato e di natura irrazionale nel soggetto si metteranno in moto dei rapidi cambiamenti automatici di natura fisiologica volti a predisporre l’organismo ad una incisiva attività che lo protegga o lo faccia sfuggire alla situazione pericolosa: 
  • aumenta il tono muscolare
  • aumentano il battito cardiaco e il ritmo respiratorio
  • aumentano l’attenzione e la vigilanza. 
La persona può avvertire anche senso di svenimento, freddo o calore improvvisi, sudorazione, forti nausee, propensione al pianto, irascibilità, senso di irrealtà.


L’approccio strategico integrato interviene sull’aerofobia promuovendo un cambiamento nel paziente legato a nuove attribuzioni di significato rispetto ai propri sintomi ma a cascata rispetto anche alla propria vita e alla propria impasse esistenziale. 

La paura del volo è infatti ricca di significati simbolici propri e specifici della persona colpita dalla fobia rispetto al “volare”, “cadere”, “essere condotti lontano”, rispetto all’ “altrove” una realtà conosciuta e familiare.

Ecco qui che la paura del “volo” può nasconde in seno il desiderio di volare ed esprime timori intimi legati al cambiamento, al riuscire ad andare oltre se stessi, al raggiungere obiettivi che non si ha il coraggio di focalizzare e la paura della “caduta” può riferirsi a una perdita di potere, a un fallimento, ad una grave perdita non elaborata, ma anche un andare vicino a sentimenti inconfessabili di odio e di aggressività.

lunedì 13 aprile 2015

La trappola del lutto: come sopravvivere alla perdita





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 La morte di una persona cara è il più doloroso e drammatico dei cambiamenti non volontari alla nostra vita, capace di mettere in crisi gli abituali modi con cui fin’ora abbiamo dato un senso chiaro e comprensibile al nostro “essere al mondo”.

Siamo così posti di fronte alla necessità di un doloroso travaglio che assorbe tutte le nostre energie e tutta la nostra attenzione.

Questo travaglio, comunemente detto “elaborazione del lutto” è un’esperienza che caratterizza tutti gli esseri umani, un lento processo di adattamento alla perdita di una persona cara che parte innanzitutto da una presa di coscienza dell’accaduto e dal vivere profondamente tutte le emozioni legate alla perdita, senza negarle o sfuggirle.

Si possono distinguere 4 fasi in questo processo di elaborazione, la cui intensità e durata variano da persona a persona:

1. Fase di torpore: può durare ore, ma anche settimane e può essere a volte interrotta da attacchi di ansia e angoscia. Lo shock provocato dalla morte della persona cara può produrre sensazioni di paralisi, di messa in fermo del tempo, dell’esistenza stessa, nel tentativo di negare la realtà della morte. La negazione svolge una funzione protettiva di fronte al cambiamento drammatico dell’esistenza di un individuo, e se di durata circoscritta è da ritenersi utile e normale.

2. Fase di struggimento: interviene allorchè dopo un breve periodo dalla scomparsa della persona cara, ci si inizia a rendere conto con grande turbamento emotivo che la perdita è reale. Questa fase è costellata da frequenti accessi di pianto, che sono da ritenersi del tutto normali.

3. Fase di disorganizzazione e disperazione: è quella più pericolosa per l’individuo ma allo stesso tempo è cruciale per riuscire a riprendere una vita normale. La persona colpita dal lutto precipita in una dimensione di disorientamento dove tutto sembra irreale, il ritmo del tempo appare alterato, e le stesse funzioni fisiologiche si percepiscono alterate. In questo momento è impossibile organizzare la propria vita in modo equilibrato mancando di fatto alla persona punti di riferimento stabili. Questa fase deve essere di breve durata lasciando il posto al lutto vero e proprio dove viene sperimentato il dolore e il vuoto lasciato dalla persona scomparsa. Solo vivendo profondamente e dolorosamente il momento della disperazione-disorganizzazione si può arrivare all’accettazione della perdita, lasciando alle spalle l’angoscia e riprendendo pian piano una vita normale.

4. Fase di maggior o minor grado di riorganizzazione: la persona colpita dal lutto riprende pian piano in mano la sua vita riacquisendo a piccoli passi equilibrio e riorganizzazione. Il dolore è presente ma in misura attenuata come parte della persona stessa e del suo bagaglio di esperienze di vita e non più come entità onnicomprensiva e paralizzante.

Il lavoro che la vita impone alla persona colpita dal lutto per riuscire a reagire, elaborare, riemergere e riorganizzarsi, come è immaginabile, non è per nulla facile ed in taluni casi sembra assumere le connotazioni di un’impresa titanica: l’individuo rimane impigliato nella “trappola del lutto” e da solo non riesce a venirne a capo.

L’accompagnamento in questo processo da parte di un professionista è altamente consigliato, sia per velocizzare l’elaborazione del lutto normale, sia per scongiurare o risolvere qualora si fosse già sviluppato il lutto problematico (condizione in cui la persona rimane intrappolata nella condizione luttuosa senza riuscire nel processo di elaborazione del lutto).

La Psicoterapia Strategica Integrata è particolarmente adatta a facilitare il processo di elaborazione del lutto: lavorando in direzione del cambiamento e della riorganizzazione con strategie e pianificazioni, il soggetto verrà accompagnato al libero sfogo delle sensazioni e della sofferenza, e condotto via via a nuove forme di progettualità.

Si lavorerà andando non soltanto nella direzione di una maggiore consapevolezza dell’accaduto e dei sentimenti contraddittori che esso genera, ma anche di una attivazione rispetto al proprio progetto di vita debitamente ristrutturato in seguito all’evento luttuoso.