martedì 26 maggio 2015

Cambiare il proprio punto di vista



Il mondo a rovescio visto attraverso una sfera di cristallo, meraviglioso espediente del regista Kieslowski per rappresentare la costante tensione tra il vero e il riflesso, tra il vero e il ricordo, tra il vero e il fantasticato.
Il regista lascia spesso al virtuale la dignità di vero, e lo spettatore rimane sospeso nella comprensione di una immagine che quantunque riflessa è pur vera.
Questo è un pò quanto accadate comunemente a tutti noi nel quotidiano. 
Ciò che vediamo, ascoltiamo è semplicemente ciò che sta accadendo intorno a noi? 
Assolutamente no! E' ciò che sta accadendo, sommato al significato che noi vi attribuiamo, che a sua volta si aggancia a ricordi, sensazioni, sentimenti, pensieri provati in situazioni simili, principi e giudizi. 
Stati d'animo diversi inoltre fanno da base diversa su cui tutto ciò si va ad ancorare, per cui una medesima scena in una giornata di sereno ottimismo ha un significato, in una giornata in cui ci siamo alzati parecchio straniti ne ha tutt'altro  e diverse saranno le nostre risposte nell'interagire con gli altri.
Siamo sempre immersi in questa bolla che determina i nostri vissuti e non sempre ci permette di guardare la vera e semplice realtà.
Il mondo a rovescio rappresentato visivamente da Kieslowski è per me anche simbolo dell'importante lavoro di capovolgimento del punto di vista del paziente che si effettua in terapia
non solo il bucare la bolla, quindi, e permettere al paziente di guardarsi intorno, ma anche e soprattutto permettere ad esso di visualizzare il suo mondo da una prospettiva diversa, spesso opposta.

immagine dal web

mercoledì 20 maggio 2015

Se non sei in grado di decidere




Decidere è parte del nostro essere uomini, conseguenza dell’evoluzione della nostra specie che ci fa essere in grado di pensare, valutare, pianificare.   

Giornalmente ciascuno di noi compie innumerevoli decisioni, a volte in modo automatico, istintivo e non consapevole a volte in modo ragionato e soppesato.

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A che ora svegliarci, cosa indossare, l’itinerario da seguire per raggiungere il posto di lavoro, cosa mangiare a colazione, etc etc..(tanto per fare degli esempi), sono delle scelte quotidiane e comuni che non richiedono un eccesso di sforzo. 

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Quando ci troviamo a dover scegliere su questioni importanti, ricche di conseguenze per il nostro futuro e quello delle persone che ci stanno vicino, potremmo invece provare delle difficoltà e a volte bloccarci senza riuscire a prendere una decisione. 

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Chiudere una relazione, Cambiare lavoro, Rivelare o meno un segreto, Effettuare o meno un intervento, etc posso essere degli esempi di decisioni difficili da prendere.







Ci ritroviamo così ad arrovellarci il cervello giorno e notte, stilare liste di pro e contro, propendere un minuto per una decisione e quello dopo per quella opposta, senza riuscire a venirne a capo con livelli di ansia crescenti.

Non vogliamo sbagliare..Non vogliamo soffrire..

Questa condizione di impasse è ben rappresentata dal paradosso dell’ Asino di Buridano:

immagine dal web


 “Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d'acqua, ma non c'è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall'altra. Perciò, resta fermo e muore.”







Ma cosa cela in realtà questo blocco decisionale? 


Nella maggior parte dei casi alla base dell’incapacità di operare una scelta vi è la difficoltà di gestire la paura che la decisione suscita. Non si tratta di una paura oggettiva e legata alla scelta e alla situazione in sé, ma è frutto dei significati che noi diamo a questa scelta da compiere, della costellazione di giudizi che diamo su di noi e sulla nostra efficacia, frutto delle aspettative che non possiamo disattendere e di quella vocina interiore che ci intima “Non puoi sbagliare!

Nardone (2014) rileva ben 6 diversi tipi di paura coinvolti nell’atto di scegliere: la paura di sbagliare, la paura di non essere all’altezza, la paura di esporsi, la paura di non avere o di perdere il controllo, la paura dell’impopolarità.



Come se ne esce?

Il blocco decisionale necessita di una fase di ricontestualizzazione per giungere al suo superamento. Tutti gli elementi implicati nella scelta cioè saranno spurgati da questa sovrastruttura di aspettative, giudizi e timori. Solamente attraverso un cambiamento di prospettiva e un abbandono delle soluzioni già tentate per uscire dallo stallo il soggetto si approccerà alla scelta in modo produttivo. E’ importante che egli abbia a disposizione tutte le informazioni del caso, che possa analizzare in modo lucido il  cosa voglio ottenere con questa scelta” e che pervenga ad una assunzione di responsabilità rispetto alle conseguenze della sua decisione..sia in caso di successo che in caso di insuccesso.

lunedì 4 maggio 2015

Quando la Depressione Post Partum colpisce l’uomo






Immagine dal web



Che si tratti di una conquista a lungo ricercata e sognata, un obiettivo di vita che si realizza o piuttosto di un accadimento imprevisto, DIVENTARE PADRE è un evento foriero di grandi cambiamenti e nuovi equilibri per un uomo.
La nascita del proprio figlio comporta, infatti, anche nell’uomo forti esperienze emotive frutto della definitiva trasformazione della propria identità: da uomo (ma spesso l’interessato si autodefinirebbe ancora ragazzo) a padre, caregiver, figura in grado di dare protezione, amore, sicurezza.
In questa fase di passaggio si può provare paura, incertezza e il lieto evento può essere interpretato come interruzione del proprio ciclo di vita e ostacolo alle proprie conquiste (in termini di lavoro, possibilità di impegni economici, libertà, tempo libero da spendere a proprio piacimento).
Inoltre mentre fino al momento del parto i due partner sono fortemente ancorati l’un l’altro, l’arrivo del neonato genera inevitabilmente un cambiamento all’interno della coppia modificandone le dinamiche della precedente relazione a due.
Ecco che molti uomini vivono la nuova paternità con un senso di perdita nel confrontare l'attuale situazione a quella che l'ha preceduta (in termini di libertà, di intesa, appagamento e tempo di coppia):
  • la partner adesso si occupa esclusivamente del bebè e non ha più tempo per il compagno, che si sente escluso;
  • è necessario adesso farsi carico di alcuni compiti domestici che prima si era potuto delegare alla partner;
  • le attività del tempo libero sono ridotte e si adattano esclusivamente alle esigenze del neonato;
  • la notte non si riesce più a dormire a dispetto degli impegni lavorativi diurni che impongono la stessa  lucidità e freschezza di sempre.

Tutto questo potrebbe essere vissuto con difficoltà al punto da far sviluppare una depressione reattiva.

Tutto inizia in genere tra il terzo e il sesto mese di vita del bambino con un periodo in cui si avverte una profonda tristezza e un senso di insicurezza e inadeguatezza frutto del cambiamento nello stile di vita, nel rapporto di coppia, nel menage della casa nonché nella propria identità. Sostanzialmente dopo che la felicità iniziale e l’euforia di essere diventato padre si sono scontrate con i cambiamenti che il bambino ha portato con sé.
Il calo di umore avvertito in questo periodo avrà una risoluzione laddove l’interessato riesca, autonomamente o attraverso un percorso psicoterapico, ad elaborare il cambiamento e accettare il nuovo ruolo e ciò che comporta, oppure può sfociare in una forma depressiva vera e propria, soprattutto nei casi in cui si sovrappone a problematicità preesistenti del soggetto.

La Psicoterapia Strategica Integrata interviene sulla Depressione Post Partum Maschile a più livelli.

  •  Innanzitutto a livello di prevenzione secondaria: se ne previene cioè l’insorgenza lavorando sulle coppie in attesa attraverso percorsi che conducono l’uomo e la donna, come membri della coppia, allo sviluppo della capacità di assolvere al ruolo genitoriale liberi dalle aspettative al riguardo, generate dalla propria storia personale, e in equilibrio con il proprio essere rispettivamente uomo e donna e membri della coppia. E’ importante in questa fase far focalizzare alla coppia le aspettative genitoriali rispetto al figlio in arrivo (il figlio fantasticato) e la futura vita familiare fantasticata. Si preparano poi entrambi i futuri genitori al cambiamento che li attende che, per il diverso ruolo (materno-paterno), ha connotazioni e difficoltà diverse.
  • Sui neo-papà che stanno invece sperimentando l’impatto con il cambiamento di vita la Psicoterapia Strategica Integrata interviene con un ciclo psicoterapico breve atto a promuovere il superamento delle difficoltà nell’accettazione del nuovo ruolo di padre, lavorando anche qui sulle aspettative, sulle paure e sulla compatibilità di questo nuovo ruolo con ciò che si era fino a poco tempo fa.
  • A volte è necessario intervenire sulla coppia genitoriale attraverso la promozione della trasformazione della coppia in famiglia, modifica che comporta lo sviluppo del sentirsi rispettivamente “padre” e “madre” ma che non può in nessun caso equivalere all’abbandono e alla dimenticanza del proprio essere partner oltre che genitori. Il percorso terapeutico favorirà la progettazione di momenti di coppia e di ripresa della sessualità, non tralasciando l’acquisizione della capacità di una comunicazione efficace e lo sviluppo della capacità di condividere con l’altro i propri vissuti. Occorrerà lavorare inoltre sul rendere la neo-mamma in grado di dare fiducia e di lasciare spazio al compagno delegandogli compiti di accudimento del bebè, rinforzando così capacità e sicurezze nel neo-papà.